Le letture di questa seconda Domenica d'Avvento sono a noi molto conosciute. Il nostro compito però è quello di saper leggere tra le righe ciò che il Signore vuole dirci... e a ciascuno rivela una cosa diversa. Diamo uno sguardo alla prima lettura: il profeta Isaia annuncia al popolo una notizia di gioia, la liberazione cioè del popolo d'Israele dalla schiavitù di Babilonia. E' terminato il tempo dell'afflizione e dell'angoscia, ed inizia il tempo della speranza, il tempo della rinascita. E tutto questo avviene per opera di Ciro, re di Persia, strumento nelle mani di Dio per liberare il suo popolo. Tutto il testo biblico "trasuda" di gioia, di letizia grande, di esultanza perchè il tempo della sofferenza è terminato: che bello! E questo clima di festa lo sentiamo anche noi quando, dopo un periodo non facile della nostra vita, finalmente iniziamo a tirare il fiato; finalmente tira un'aria diversa e si può tornare alla normalità.
Nel vangelo incontriamo la figura di Giovanni la quale, più che per la sua opera, colpisce maggiormente per il suo stile di vita ("era vestito di peli di cammello con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico"). Il suo modo di porsi di fronte al popolo era diventato l'annuncio più forte e denso di Dio; oggi lo definiremmo uno straccione, uno che non conta nella società. Farebbe parte di quella categoria di persone che papa Francesco definisce "scartate" dalla cultura odierna. La sua però non è una condizione sociale subentrata a causa di azioni fallimentari, piuttosto una scelta di vita. Sì, una scelta che preferisce la ricchezza di Dio che a quella materiale. Nella sua povertà, Giovanni annuncia la ricchezza di Dio, una ricchezza che è per tutti; egli è l'anello di congiunzione tra l'Antico e il Nuovo Testamento. In lui, tutti i profeti e i patriarchi d'Israele, vedono realizzarsi le promesse di Dio.
Noi oggi non viviamo una schiavitù sociale; siamo però costantemente in lotta contro la schivitù del peccato, delle nostre fragilità. Per questo, per "rivestirci di Cristo" (cfr. Gal. 3,27), abbiamo bisogno di preparare il nostro cuore e la nostra vita alla pace. Abbiamo bisogno di fare silenzio in noi perchè possiamo darci il permesso di ascoltarci: ascoltare i nostri bisogni più veri, più profondi, i nostri desideri di bene. Così facendo, potremo anche noi ripartire come l'antico popolo, rinnovati nel profondo e con una grande carica di speranza.