29 giugno 2018

Celebrare nello spazio 4


LA CHIESA EDIFICIO NELLA LITURGIA “RINNOVATA”

Il Concilio Vaticano II, proposti i principi ispiratori della riforma liturgica, indica anche le norme da tener presenti nell'ambito dell'edilizia di culto, degli arredi e degli stili artistici.
Nel n. 128 della Sacrosanctum Concilium si legge:
"Si rivedano quanto prima, insieme ai libri liturgici, i canoni e le disposizioni ecclesiastiche che riguardano il complesso delle cose esterne attinenti al culto sacro, e specialmente quanto riguarda la costruzione degna e appropriata degli edifici sacri, la forma e la erezione degli altari, la nobiltà, la disposizione e la sicurezza del tabernacolo eucaristico, la funzionalità e la dignità del battistero, la conveniente disposizione delle sacre immagini, della decorazione e dell'ornamento. Quelle norme che risultassero meno rispondenti alla riforma della liturgia siano corrette o abolite; quelle invece che risultassero favorevoli siano mantenute o introdotte".
I primi orientamenti concreti vennero con la pubblicazione del documento applicativo "Inter Oecumenici" (26 settembre 1964). La prima affermazione circa la disposizione delle chiese è la seguente:
"Nel costruire nuove chiese, o nel restaurare quelle già esistenti ci si preoccupi diligentemente della loro idoneità a consentire la celebrazione delle azioni sacre secondo la loro vera natura, e ad ottenere la partecipazione attiva dei fedeli" (n. 90).
Sono due i criteri di base proposti dal testo:
1) nella chiesa devono potersi realizzare dei riti secondo verità, capaci di esprimere pienamente ciò
    che intendono comunicare;
2) lo spazio chiesastico deve accogliere un'assemblea celebrante, soggetto primario dell'azione
    liturgica.
Da ciò consegue una revisione dei singoli spazi: l'altare maggiore viene staccato dalla parete rendendolo "centro ideale a cui spontaneamente converga l'attenzione di tutta l'assemblea" (n. 91); la sede del "celebrante" deve essere visibile da parte dei fedeli così che sia recepita come lo spazio da cui si esercita un servizio di presidenza dentro l'assemblea (n. 92); viene abolito l'uso di edificare altari minori (n. 93); viene data l'opportunità di porre il tabernacolo al di fuori dell'altare maggiore e del presbiterio (n. 95); è ripristinato l'ambone come struttura privilegiata per la proclamazione della Parola di Dio.
Particolare rilievo è dato allo spazio riservato ai fedeli: "Si studi con diligenza la disposizione dei posti per i fedeli, affinché questi possano partecipare nel modo dovuto alle sacre celebrazioni con lo sguardo e con lo spirito. Conviene che normalmente si pongano per loro dei banchi o dei sedili. Si provveda, anche con l'aiuto dei moderni mezzi tecnici, che i fedeli possano non solo vedere, ma anche udire senza difficoltà il celebrante e i ministri" (n. 98).
Queste prime indicazioni furono sviluppate e chiarite prima nel capitolo quinto dell'introduzione al Messale Romano (PNMR 253-280) e in seguito nelle ricchissime introduzioni del Pontificale Romano circa i riti di posa della prima pietra e di dedicazione della chiesa e dell'altare. Questi testi sono il punto di riferimento imprescindibile per la progettazione di nuove chiese.
Ad essi si aggiunge la nota pastorale della Commissione episcopale della CEI per la liturgia "La progettazione di nuove chiese" (18 febbraio 1993).
Circa lo stile da utilizzare è sempre attuale il dettato conciliare:
"La Chiesa non ha mai avuto come proprio un particolare stile artistico, ma, secondo l'indole e le condizioni dei popoli e le esigenze dei vari riti, ha ammesso le forme artistiche di ogni epoca, creando così, nel corso dei secoli, un tesoro artistico da conservarsi con ogni cura. Anche l'arte del nostro tempo e di tutti i popoli e paesi abbia nella Chiesa libertà di espressione, purché serva con la dovuta riverenza e il dovuto onore alle esigenze degli edifici sacri e dei sacri riti. In tal modo essa potrà aggiungere la propria voce al mirabile concento di gloria che uomini eccelsi innalzarono nei secoli passati alla fede cattolica" (Sacrosanctum Concilium 123).