GLI ARREDI LITURGICI 3
AMBONE
Il termine "ambone"
indica il "luogo elevato" (deriva infatti dal verbo greco anabàinein
che significa salire) da cui si proclamano i testi biblici durante le liturgie.
Nella celebrazione della messa
l’altare e l’ambone segnano - attraverso una duplice dimensione spaziale - i
due poli celebrativi comunemente noti come liturgia della parola e liturgia
eucaristica.
La Costituzione conciliare sulla
Divina Rivelazione afferma:
"La Chiesa ha sempre
venerato le Divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non
mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita
dalla mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai
fedeli" (Dei Verbum, 21).
È quindi chiara la relazione che
intercorre tra ambone e altare. Questa connessione fra le
"due mense" dovrebbe condurre architetti e artisti a realizzare dei
progetti che evidenzino anche stilisticamente questo reciproco legame. Strutturalmente l’ambone è
realizzato secondo sistemi architettonici e stilistici diversi, e nel corso
della storia ha avuto collocazioni diverse all’interno dell’aula liturgica.
Le indicazioni funzionali
proposte da Principi e Norme per l’uso del Messale Romano sono sufficientemente
chiare:
"Conviene che tale luogo
generalmente sia un ambone fisso e non un semplice leggio mobile. L’ambone, secondo la struttura di
ogni chiesa, deve essere disposto in modo tale che i ministri possano essere comodamente
visti e ascoltati dai fedeli" (n. 272).
Inoltre le Precisazioni CEI
invitano a non utilizzare l’ambone come supporto per altri libri all’infuori
dell’Evangeliario e del Lezionario (cfr. n. 16).
L’ambone è una struttura che
contiene anche il leggio per riporvi i libri delle Scritture, ma un semplice
leggio non costituisce un ambone. Pertanto, come nel caso
dell’altare, l’ambone non va concepito come un arredo ma come una spazio
architettonico armonizzato con l’ambiente che lo accoglie e con le altre
strutture. L’ambone non ha bisogno di essere
ricoperto da drappi e altri ornamenti. Una sobria confezione floreale
può porlo in risalto ma mai occultarlo o renderlo difficilmente accessibile e
funzionale.
È bene curare un illuminazione
adeguata per assicurare una buona visibilità dell’ambone da parte
dell’assemblea e una perfetta leggibilità dei testi da parte dei lettori.
In molte chiese sprovviste di
ambone fisso si nota la presenza di due leggii: uno per la proclamazione della
Parola, l’altro per reggere il messale presso la sede: può anche trovarsi un
terzo leggio per la guida dell’assemblea. Ci si potrebbe chiedere: quale di
queste strutture è la sede della Parola di Dio dato che spesso infatti sono
leggii uguali? Se una chiesa è sprovvista di un
ambone fisso la sede della proclamazione della Parola deve potersi distinguere
dalle altre strutture che funzionalmente sono uguali (servono tutte per
sostenere dei libri) ma simbolicamente sono ben diverse.
Molto bella la sottolineatura di
J. Aldazábal:
"Una lettura, da qualunque
posto venga proclamata ha sempre lo stesso valore. Ma è certamente più espressivo
l’annuncio fatto alla comunità da un luogo riservato e degno: è la cattedra
dalla quale Dio ci parla, il vero trono della sapienza dal quale Cristo si
rivela nostro unico Maestro. Una Parola che ci viene
dall’alto, non inventata da noi. Una Parola trasmessa con la mediazione della
Chiesa, non per iniziativa privata".
Circa l’utilizzo dell’ambone è
bene ricordare che da esso si proclamano esclusivamente le letture e il salmo
responsoriale. Con una "formula
concessiva" Principi e Norme (n. 272) afferma: "ivi inoltre si può
tenere l’omelia e la preghiera dei fedeli". L’omelia è da tenersi
preferibilmente alla sede (cfr. n.97).
Infine è espressamente affermato
che "non è conveniente che all’ambone salga il commentatore, il cantore o
l’animatore del coro". L’uso improprio dell’ambone
comporta un impoverimento della portata simbolica che esso deve trasmettere
durante le celebrazioni.