21 luglio 2018

Celebrare nello spazio 7


GLI ARREDI LITURGICI 3

AMBONE
Il termine "ambone" indica il "luogo elevato" (deriva infatti dal verbo greco anabàinein che significa salire) da cui si proclamano i testi biblici durante le liturgie. Nella celebrazione della messa l’altare e l’ambone segnano - attraverso una duplice dimensione spaziale - i due poli celebrativi comunemente noti come liturgia della parola e liturgia eucaristica.
La Costituzione conciliare sulla Divina Rivelazione afferma:
"La Chiesa ha sempre venerato le Divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli" (Dei Verbum, 21).
È quindi chiara la relazione che intercorre tra ambone e altare. Questa connessione fra le "due mense" dovrebbe condurre architetti e artisti a realizzare dei progetti che evidenzino anche stilisticamente questo reciproco legame. Strutturalmente l’ambone è realizzato secondo sistemi architettonici e stilistici diversi, e nel corso della storia ha avuto collocazioni diverse all’interno dell’aula liturgica.
Le indicazioni funzionali proposte da Principi e Norme per l’uso del Messale Romano sono sufficientemente chiare:
"Conviene che tale luogo generalmente sia un ambone fisso e non un semplice leggio mobile. L’ambone, secondo la struttura di ogni chiesa, deve essere disposto in modo tale che i ministri possano essere comodamente visti e ascoltati dai fedeli" (n. 272).
Inoltre le Precisazioni CEI invitano a non utilizzare l’ambone come supporto per altri libri all’infuori dell’Evangeliario e del Lezionario (cfr. n. 16).
L’ambone è una struttura che contiene anche il leggio per riporvi i libri delle Scritture, ma un semplice leggio non costituisce un ambone. Pertanto, come nel caso dell’altare, l’ambone non va concepito come un arredo ma come una spazio architettonico armonizzato con l’ambiente che lo accoglie e con le altre strutture. L’ambone non ha bisogno di essere ricoperto da drappi e altri ornamenti. Una sobria confezione floreale può porlo in risalto ma mai occultarlo o renderlo difficilmente accessibile e funzionale.
È bene curare un illuminazione adeguata per assicurare una buona visibilità dell’ambone da parte dell’assemblea e una perfetta leggibilità dei testi da parte dei lettori.
In molte chiese sprovviste di ambone fisso si nota la presenza di due leggii: uno per la proclamazione della Parola, l’altro per reggere il messale presso la sede: può anche trovarsi un terzo leggio per la guida dell’assemblea. Ci si potrebbe chiedere: quale di queste strutture è la sede della Parola di Dio dato che spesso infatti sono leggii uguali? Se una chiesa è sprovvista di un ambone fisso la sede della proclamazione della Parola deve potersi distinguere dalle altre strutture che funzionalmente sono uguali (servono tutte per sostenere dei libri) ma simbolicamente sono ben diverse.
Molto bella la sottolineatura di J. Aldazábal:
"Una lettura, da qualunque posto venga proclamata ha sempre lo stesso valore. Ma è certamente più espressivo l’annuncio fatto alla comunità da un luogo riservato e degno: è la cattedra dalla quale Dio ci parla, il vero trono della sapienza dal quale Cristo si rivela nostro unico Maestro. Una Parola che ci viene dall’alto, non inventata da noi. Una Parola trasmessa con la mediazione della Chiesa, non per iniziativa privata".
Circa l’utilizzo dell’ambone è bene ricordare che da esso si proclamano esclusivamente le letture e il salmo responsoriale. Con una "formula concessiva" Principi e Norme (n. 272) afferma: "ivi inoltre si può tenere l’omelia e la preghiera dei fedeli". L’omelia è da tenersi preferibilmente alla sede (cfr. n.97).
Infine è espressamente affermato che "non è conveniente che all’ambone salga il commentatore, il cantore o l’animatore del coro". L’uso improprio dell’ambone comporta un impoverimento della portata simbolica che esso deve trasmettere durante le celebrazioni.