15 luglio 2018

Celebrare nello spazio 6


GLI ARREDI LITURGICI 2

ALTARE
L’altare non può essere assolutamente considerato un "arredo liturgico", esso è infatti uno "spazio celebrativo" di carattere architettonico. Sono purtroppo ancora numerosi gli edifici chiesastici sprovvisti di un altare le cui caratteristiche corrispondano alle indicazioni del diritto liturgico (cfr. Principi e norme per l’uso del Messale Romano, nn. 259-267; Precisazioni CEI, n.14).
Non bisogna quindi meravigliarsi se spesso tale struttura è da considerarsi un arredo, e, in molte situazioni, di pessima qualità funzionale, estetica e simbolica. Dal punto di vista funzionale e strutturale l’altare è un "tavolo" - preferibilmente fisso e di materiale solido e degno (è da privilegiare la pietra naturale) - opportunamente preparato (tovaglia, ceri, fiori...) per un momento sacrificale-conviviale. Su di esso devono poter essere agevolmente posati, al momento opportuno, la patena con il pane e il calice con il vino per la celebrazione dell’Eucaristia. Inoltre sul suo piano si è soliti porre - secondo attenzioni più o meno garbate - il messale e il microfono.
In molte chiese l’altare è una vera e propria credenza. C’è di tutto: teca con la riserva di ostie, quaderno per gli avvisi, libretto o foglio dei canti, lastre di vetro o fogli di plastica trasparente, messale, chiave del tabernacolo, occorrente per il lavabo, leggio e microfono ingombranti, fiammiferi...
I termini "altare" e "mensa" sono utilizzati come sinonimi poiché indicano funzionalmente la medesima struttura ma rivelano una sottolineatura simbolica differente. Si è soliti riferire il termine altare all’aggettivo latino altus (= elevato). L’altare è quindi il luogo elevato che serve da punto di congiungimento tra Dio e il mondo.
Per questo le cime di montagne e colline sarebbero stati i luoghi privilegiati per la loro edificazione. Ma l’etimologia più corretta sembra essere quella che fa derivare questo vocabolo dal verbo latino ad-oleo, il cui significato è "far bruciare, offrire un sacrificio, far salire il profumo dell’offerta verso la divinità".
Altare indica quindi la dimensione sacrificale della celebrazione che in esso si svolge. Anche il termine mensa deriva direttamente dal latino. Indica il tavolo conviviale in cui vengono disposti cibi e bevande per la consumazione di un pasto. Questo vocabolo indica la dimensione conviviale-comunionale dell’atto sacramentale che si realizza sulla mensa.
I praenotanda del Rito di Dedicazione di una Chiesa pongono in evidenza il valore simbolico dell’altare a partire dai gesti che il vescovo compie su di esso. Con l’unzione del crisma, l’altare diventa simbolo di Cristo, il Consacrato per eccellenza. L’incenso bruciato sull’altare significa che il sacrificio di Cristo e le preghiere dei fedeli salgono a Dio in odore di soavità. La copertura dell’altare attraverso la tovaglia indica che esso è insieme luogo del sacrificio eucaristico e mensa del Signore. Sacerdote e fedeli vi celebrano il memoriale della morte e risurrezione di Cristo e partecipano alla Cena del Signore.
È per questo che l’altare, mensa del convito sacrificale, viene preparato e ornato a festa (fiori). I ceri accesi ricordano che Cristo risorto è luce per illuminare le genti. (cfr. Pontificale Romano, Premesse al rito di dedicazione della chiesa e dell’altare, n.42).
La portata simbolica dell’altare chiarisce il senso dei gesti di venerazione che si compiono verso di esso. I ministri ordinati (diaconi, presbiteri e vescovi) sono soliti baciare l’altare all’inizio e alla fine della celebrazione, mentre tutti gli altri ministri e i fedeli fanno un inchino. Il bacio all’altare - gesto eccessivamente ripetuto prima della riforma liturgica - è un segno di venerazione molto antico che indica rispetto e amore alla mensa in cui si celebra l’Eucaristia e a Cristo stesso. È un atto di fede verso Cristo-Roccia (1Cor 10,4) sul quale il ministro si appoggia con sicurezza nell’atto di baciare l’altare.