Diamo inizio con questo articolo ad una serie di riflessioni sulla Liturgia,
alla ricerca della sua natura, dei suoi contenuti delle sue espressioni.
Essa è il culmine e la fonte di tutta la vita della Chiesa (SC 10);
merita di essere conosciuta e amata convenientemente.Tanto per iniziare: quasi quotidianamente facciamo uso del termine Liturgia;
qual è l'origine e il significato di questa parola? Proviamo a ricercarne
le radici etimologiche e storiche dal suo comparire nell'uso civile classico,
fino ai giorni nostri.
Perché "liturgia"?
Nell’uso civile. Nella lingua greca classica, cui
appartiene, il termine Liturgia è composto dalla radice leit (da laós
= popolo) e ergon (ergazomai = agire, operare). Il termine
così composto significa direttamente «opera-azione per il popolo». In
genere un'opera pubblica, tanto che il verbo leitourgein veniva usato
per indicare il compimento di pubblici incarichi nella città o nello Stato.
Originariamente, dunque, il termine Liturgia ebbe un
uso civile e significava un servizio pubblico, liberamente assunto, in favore
del popolo. Potevano essere le feste o i giochi che determinate famiglie
approntavano per la collettività; oppure l'armamento di una nave in caso di
guerra.
Nell'epoca ellenistica il termine Liturgia perse il
suo carattere originario di gratuità e di pubblicità e venne ad indicare un servizio,
sia oneroso sia volontario, fatto alla comunità o anche ad un padrone.
Nell’uso religioso-cultuale. Sempre in epoca
ellenistica, si iniziò ad indicare con Liturgia il servizio che si deve
rendere agli dei, soprattutto nelle religioni dei misteri, da persone a ciò
deputate. Con questo senso tecnico di «servizio di culto che si deve a Dio», Liturgia
comparirà anche nella traduzione greca dell'AT per affermarsi poi anche nel
Cristianesimo.
L’uso biblico di "Liturgia"
Verso l'anno 200 a.C., ad Alessandria d'Egitto fu
tradotta la Bibbia dall'originale ebraico in greco, ad opera dei cosiddetti Settanta
(per questo comunemente indicata con il segno numerico LXX).
Nell 'Antico Testamento. Nel testo greco dell'Antico
Testamento il termine Liturgia compare circa 170 volte. Esso traduce due verbi
ebraici. sherèt e abhàd. I LXX, tuttavia, nella traduzione seguirono questo
accorgimento: ogni volta che i due termini ebraici erano riferiti al culto
prestato a IHWH (= Jahvè) dai sacerdoti e dai leviti nel tempio, vennero costantemente
tradotti con Leitourgia. Quando invece i medesimi termini ebraici indicavano il
culto reso a IHWH dal popolo, vennero tradotti con latria e dulia.
E' evidente che i LXX, con questo accorgimento linguistico,
vollero dare alla parola Liturgia un significato tecnico ufficiale di «culto
levitico» prestato da una particolare categoria di persone secondo un
cerimoniale stabilito nei libri sacri della Legge. Liturgia era la forma
migliore e più elevata del culto reso al Signore da parte di persone proprio
per questo scelte e consacrate.
Nel Nuovo Testamento. Il termine Liturgia ricorre
soltanto 15 volte nel Nuovo Testamento: 5 volte con un significato profano, 4
volte in senso rituale-sacerdotale secondo l'AT, solo 3 volte in senso
di culto spirituale (Rm 15,16; Fil 2,17) e di culto rituale cristiano
(At 13,2).
In Rm 15,6, l'Apostolo Paolo si dichiara ministro-liturgo
di Cristo; la predicazione del Vangelo è per Paolo un'azione liturgico-sacerdotale
perché ha come scopo l'offerta dei pagani come sacrificio gradito a Dio. In
Fil 2,17 Paolo dichiara di essere pronto a «essere versato in libazione sul
sacrificio e sulla Liturgia della fede» dei Filippesi.
Solo in At 13,2 (“Mentre essi facevano Liturgia
al Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse...") possiamo trovare
il significato più vicino a quella che poi sarà chiamata «Liturgia cristiana»:
la preghiera comunitaria della comunità cristiana.
Viene da chiedersi: perché un uso cosi limitato, nel Nuovo
Testamento, di un termine cosi prestigioso nella tradizione dell'antica
alleanza? Stessa sorte toccò anche alla parola «sacerdozio». Il motivo è
semplice: perché la nuova economia salvifica inaugurata da Cristo doveva
«completare» le antiche istituzioni, senza sopprimerle (Mt 5,17). Il
compimento-completamento portato da Cristo al culto dell'antica alleanza sta
nella linea indicata dai profeti. Essi avevano duramente contestato la liturgia
levitica, ridotta a esteriorità e formalismo, ed avevano tenuto desta l'idea
che tutto il popolo di Dio è un regno di sacerdoti e nazione consacrata per un culto
spirituale: «Ascolterete la mia voce, osserverete la mia alleanza» (Es
19,6). Da qui la contestazione del culto materiale (Ger 7,22-23; Amos 5,25) e
la riaffermazione di un culto spirituale (Os 6,6; Dan 3,39-41; Sal 39,7-9;
50,17-19; Mich 6,l -8).
Si comprende così come l'antico significato di Liturgia (templare,
sacerdotale-levitico) fosse piuttosto riduttivo per gli Autori neotestamentari,
tanto da costringerli a farne un uso piuttosto limitato; preferirono di gran
lunga parlare di latria, dulia intesa come culto sacerdotale-spirituale
di tutto il popolo della nuova alleanza.
"Liturgia " in epoca patristica.
Nell'Occidente latino il termine Liturgia non riuscì cosi
presto a liberarsi del significato negativo che si portava dietro a seguito
della tradizione veterotestamentaria. Basti pensare che nella Chiesa
postapostolica, mentre si traslitterano dal greco in latino molte parole (es. Episcopus,
Presbyter, Diaconus, Apostolus, Propheta, Eucharistìa ecc.), per Liturgia si fa
ricorso ad espressioni come officium, ministerium, servitium. L'Oriente greco conservò
invece il termine Liturgia, ma per indicare l'azione cultuale per eccellenza
del popolo cristiano, cioè la liturgia eucaristica.
Occorre attendere il secolo XVI, a seguito della riscoperta
della classicità greca in Occidente, per veder comparire di nuovo il termine Liturgia.
Si scrivono libri sulla Liturgia greca, sulla Liturgia latina (intesi come riti
e formulari relativi alla Messa).
Nel linguaggio ecclesiastico ufficiale latino il termine Liturgia
comincia ad apparire solo nella prima metà del secolo XIX con Gregorio XVI
(1832) e con Pio IX (1864). Diventa usuale con san Pio X (1903). Per Liturgia si
intende la ritualità cerimoniale e rubricale. Nei seminari si insegna la Liturgia
ma tale insegnamento consiste nello spiegare le cerimonie e le rubriche dei
libri liturgici.